Vi propongo con piacere questa poesia bucolica che un anonimo lettore del blog mi ha gentilemente concesso.
Si narra in maniera singolare del mito del giovane e alato Cupido (Eros, il dio dell'amore) che in uno scenario contemporaneo trascorre il suo tempo a far innamorare le persone che incontra.
Egli soffre, però, la mancata possibilità di aver, come noi, qualche dolce fanciulla che ricambi il suo desiderio d'amare.
Spero vi piaccia....
Deflorando la fauna
Come un Cupido vago pei boschi.
Umidi miei posti: lucenti e foschi.
Non sono alla ricerca di un porto sicuro,
né di una cameretta, ne di luoghi sicuri
ma di selve selvagge e rudi.
Alla ansiosa ricerca di una tenera fanciulla:
tutte, belle e brutte:
tutte han da dire e tanto han da dare
al giovane alato con arco e strale.
Vedo una che là piange, e la consolo.
Un’occhiata all’altra, aspetto e corro.
Sento una risata, verso il muro della casa,
corro a darci un’occhiata, e finir con una risata.
Così passo la mia giornata:
tra le urla di una, i pianti di un’altra,
una giovane, una bella ed una tarchiata.
Tutti mi chiamano e tutte mi implorano:
io sono la soluzione al labirinto.
Ma quando trovo quella appassionata
non mi trovo mai con me stesso
ed un pensierino corre su e giù:
ci farei del sesso.
Vorrei trovar la mia Flora
e dipingere la nascita della mia Venere.
Ancor di più modellar un bel corpo di fanciulla.
Al calar della sera, chissà che, fra i colori freschi di tempra
ed il tumido pennello, prima ancora della mischia
col ciullar non si finisca.
Il nostro padre Giove non mi fece di carne
ma di puro spirito; e con gli umani la congiunzione carnale
non si può fare: almeno così è scritto nelle carte.
Sarà pur vero, il dubbio si fa serio, ed è così,
perché, sebbene ci abbia provato,
mi son ritrovato, più che ad impungnar tenere e fresche membra,
rotolando, fra le mani, un pugno di melma.
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