lunedì 29 marzo 2010

Valanga leghista in Veneto?










Tutti lo avevano previsto, gli esperti avevano già deliberato che Zaia avrebbe travolto gli altri candidati, ma pure io, nel mio piccolo, predissi che il ministro leghista avrebbe preso più del 60 per cento dei voti.
Ebbene si, la nostra regione sarà leghista: dopo comuni, provincie, bar e osterie di quartiere, tutto il Veneto si colorerà oramai di verde....
Questa mattina, sono entrato nel bar di paese per bere un caffè prima di un appuntamento di lavoro.
Ordino, bevo, prendo il giornale ed ascolto.
Tutti, avventori e proprietari, erano d'accordo su un solo fatto: pestare con manganelli puntati tutti, ma proprio tutti, gli stranieri presenti nel territorio.
Un altro personaggio auspicava un ritorno di Hitler sulla scena politica per solo sei mesi; il giusto per fare piazza pulita di stranieri ed immigrati.
Ahimè, ho bevuto in fretta e sono uscito.
Mi è venuto in mente un pensiero: per fortuna sono bianco e parlo in dialetto, altrimenti mi farei dei problemi ad entrare in certi posti e girare per certe strade.
Poi scorgo un volantino della Lega di Bossi che cita: salviamo i valori cristiani e non toccate il crocifisso!!
Si, proprio così: attendo nuovi risvolti italo - catto- leghisti - patridiotico!

giovedì 25 marzo 2010

Dopo un mese senza connessione Romeo ritorna...


La mostra "Caravaggio, Lotto, Ribera. Quattro secoli di capolavori dalla Fondazione Longhi a Padova" si propone di ricostruire le tappe dell'affascinante avventura collezionistica di Roberto Longhi (1890-1970), una delle personalità più importanti della storiografia artistica italiana del Novecento

Questo è quello che si legge nella prefazione alla mostra ai Musei civici agli Eremitani di Padova.
In realtà, di capolavori, c'è ne sono realmente pochi, solo un Caravaggio, che tra l'altro, è anche il dipinto che è stato utilizzato per il manifesto della mostra (qui di fianco).
Evitate accuratamente questa esposizione, perchè, con gli otto euro che vi si richiede per l'ingresso, potrete risparmiarli per andare a vedere una vera mostra su Caravaggio, alle Scuderie del Quirinale a Roma.

martedì 9 marzo 2010

Zio Porco o Porco Diaz?


Le bestemmie sono un istituto di una certa importanza....ci sono delle bestemmie allegre e serene che credo facciano sorridere anche il Signore e i santi.
Altre, che esprimono un giudizio di fondo, rozzo ma indipendente, sul funzionamento del mondo...
Altre, che "tira giù" il soprannaturale.
Un bestemmiatore non sostiene che, chi è lassù, abbia colpa su qualcuno o qualcosa.
Il giovane emancipato bestemmia per sport, il popolano per dispetto, altri giovanotti per un senso di sfida empia ma interessante...

Luigi Meneghello, Libera Nos a Malo, pagg. 96 - 97 ed. Bur


Mi perdoni Meneghello se ho estrapolato qualche frase, non per giustifacare le bestemmie ma, almeno, per darle un certo statuto di cittadinanza in un determinato contesto.
Mi riferisco alle bestemmie in campo che costerebbero delle espulsioni terribili per chi le proferisse...
Leggo dalla Gazzetta di qualche giorno fa che il giudice sportivo ha riferito:
"Il calciatore clivense - ( del Chievo!!) - uscendo dal terreno di gioco in conseguenza dell'espulsione inflittagli dall'arbitro pochi attimi prima, proferiva apparentemente un'espressione gergale, in uso nel Triveneto e in Lombardia, con becero riferimento a 'Diaz' e non a Dio (il diverso movimento delle labbra nelle pronuncia della vocale aperta 'A' rispetto alla vocale 'O' legittima quanto meno un'incertezza interpretativa)". Una giornata per lo stesso motivo, sempre con la prova televisiva, è stata inflitta anche a Giuseppe Scurto della Triestina.

Probabilmente la bestemmia ha un certo peso e senso nella nostra vulgata quotidiana, parlo del Nord Italia, però dire che solo a noi spetti tale etichetta, mi crea un certo senso di disagio...
Le bestemmie fanno parte della cultura contadina e rurale, e come diceva Luigi Meneghello, tali espressioni hanno anche la loro forza linguistica e ironica!
Quindi, anche se le bestemmie non sono belle da sentire o sono scorrette da pronunciare, teniamocele così, come un volgare da apprendere dal nostro paese natale...

venerdì 5 marzo 2010

No, non è Amsterdam, ma è il Vaticano

Non è la Red Light District di Amsterdam, non sono le strade polverose e povere di Mumbai, bensì il gaudente coro di voci bianche di Ratisbona.
Nuovi scandali e nuove rivelazioni, mettono sotto scacco preti in sottana e alti prelati.
Questa volta è toccato anche al fratello di Benedetto XVI: Georg Ratzinger. 
Scandali continui, chiacchiere tenute nascoste, segreti inenarrabili, circondano i vari settori giovanili facenti capo al Vaticano.
Cori di voci bianche in Germania, in Olanda, cori del Vaticano gestiti dai Gentiluomini di Sua Santità, prostituzione gay e quant'altro, ricoprono da giorni i quotidiani.
Tutti però hanno lo stesso fattore comune, una stessa squallida linea rossa: gli abusi su minori.
Il vescovo di Ratisbona, Gerhard Ludwig Müller, ha ammesso infatti che sono stati commessi abusi sessuali nell'ambiente del famosissimo coro di ragazzi di Ratisbona all'epoca in cui esso era diretto dal fratello di Papa Benedetto XVI. 
Almeno però il vescovo ha scritto in una lettera ai genitori che «siamo fortemente impegnati a chiarire tutti i possibili casi». 
Almeno questo!
Gli abusi sessuali su minorenni membri del coro, sarebbero avvenuti fra il 1958 e il 1973, e Padre Georg Ratzinger fu direttore del Coro dal 1964 al 1993. 
Quando leggo questo tipo di notizie, che oramai non fanno più clamore, mi giungono alla mente numerosi interrogativi.
Avremmo bisogno di uno stato laico, e purtroppo quello italiano che non lo è, è ostacolato proprio dai vincoli tentacolari del Vaticano, e dalle loro pretese etiche assurde.
Il paradosso della Santa Sede è continuamente confermato dagli articoli di cronaca.
Il paradosso sta nelle indicazioni etiche e morali che essi propugnano e che poi loro puntualmente eludono....

 


mercoledì 3 marzo 2010

Il fascino indiscreto della Banda della Magliana




Titolo

Mai ci fu pietà. La banda della Magliana dal 1977 a oggi
AutoreAngela Camuso
Prezzo € 15,00
Dati2009, 439 p., brossura
EditoreEditori Riuniti (collana Report)

Indubbiamente il fascino della vita criminale è una cosa che attrae tutti.
Nel caso della banda della Magliana tale fascino è incrementato dal fatto che ci si trova dinanzi a dei ragazzi, pressochè ventenni, che dal nulla o da una vita da ladri di borgata, si ritrovarono ad avere in mano la città di Roma e a confrontarsi con la Camorra o Cosa Nostra.
Traffici di droga, corse di cavalli, prostituzione ed una raffica di omicidi, hanno caratterizzato la vita della banda, formatasi quasi per caso alla fine degli anni '70.
Il mistero ulteriore che avvolge la vita dei criminali romani è che, negli anni dei loro misfatti, lo Stato italiano attraversava uno dei suoi periodi più bui: stragi di massa, terrorismo di sinistra, commistione fra i servizi segreti e la criminalità organizzata.
Sembra che gli stessi membri della Banda siano stati a loro volta protagonisti di tali intrecci, fra l'altro, ancora poco chiari.
E poi, alla fine, la Banda si è autodistrutta e i loro primi protagonisti sono quasi tutti morti; quasi...
L'autrice Angela Camuso ricostruisce le vicende della Banda con scrupolo ed utilizzando i verbali della Polizia, le testimonianze dei banditi stessi, tratte delle varie udienze e processi che si sono tenuti in questi anni.
Anche in anni recentissimi: la teoria della giornalista è quella, infatti, che la banda della Magliana, in realtà, non si sia estinta, ma prosegua in forma diversa, la loro lucrosa attività.
E' una lettura consigliata anche se, a tratti, il discorso logico si ingarbuglia e non è sempre chiaro ciò che la Camuso voglia dire.
Forse, nel tentativo di voler ricostruire tutto, nomi ed avvenimenti, la giornalista avrebbe dovuto porre maggior attenzione alla sintesi dei fatti.
Angela Camuso, giornalista professionista, nasce a Bergamo nel 1974. Si trasferisce a Roma all’età di 18 anni. Dopo la laurea con lode in Scienze della Comunicazione presso ‘La Sapienza’, svolge il praticantato all’Istituto per la Formazione al Giornalismo di Urbino. Dal 1999 si occupa di cronaca nera e giudiziaria, dapprima come free-lance e attualmente per L’Unità. Scrive articoli di inchiesta per il settimanale L’Espresso. Collabora con Leggo e Il Manifesto.

www.camuso.blogspot.com

lunedì 1 marzo 2010

Minzolini e l'arte della retorica


Augusto Minzolini, direttore del TG 1, ci dimostra quasi quotidianamente che il linguaggio verbale, in realtà, è e può essere usato come pura manipolazione della verità.
Ogni argomento, ogni evento, o qualsiasi cosa che ci sfiori, può essere interpretata come uno vuole e crede.
Il linguaggio può essere spesso a servizio dell'ideologia o di semplici idee in cui uno crede; Minzolini manipola il testo scritto come un'antica sofista greco: spesso con i difetti che questa antica tecnica retorica proponeva.
Ora il problema è quello di comprendere se il messaggio che tale direttore vuol far passare possa, o meno, risultare come vero e quanto il limite della verità possa essere superato.
Nel caso di Minzolini assistiamo al tentativo, direi patetico, di voler cancellare una realtà di fatto, giuridica nel caso Mills, o per altri episodi, dell'operato negativo di un governo.
La verità per il TG 1 è far passare un messaggio distorto della realtà.
Il linguaggio di Minzolini cerca in tutti i modi di far passare un messagio falso come qualcosa di normale: tutto si basa su semplici cambiamenti semantici, nel caso Mills, di alcuni termini giuridici.
Assoluzione, prescrizione, Cassazione e tre gradi di giudizio, sono ai più, dei termini vuoti e privi di peso ed è per questo che il messaggio puà essere cambiato con facilità.
L'antica arte della retorica politica e giornalistica dimostra che la Verità, una unica verità universale e valida per tutti, non esiste.